Salta al contenuto principale

Come utilizzare il Quadro di Riferimento per le competenze di comunicazione in intercomprensione?

 

Il Quadro di Riferimento per le competenze di comunicazione plurilingue in intercomprensione 1 (REFIC)2 si pone due obiettivi complementari: in primo luogo costituisce una guida per la programmazione di attività di formazione in intercomprensione, un orientamento metodologico che privilegia le competenze di ricezione in modo da permettere a parlanti di diverse lingue di leggere, ascoltare o interagire fra di loro, utilizzando ciascuno la propria lingua. In secondo luogo il REFIC offre dei descrittori utili per la valutazione delle competenze acquisite nel corso di tali attività di formazione.

Questo Quadro di riferimento è completato dal Quadro di riferimento delle competenze in didattica dell’intercomprensione (REFDIC) che presenta delle competenze didattiche necessarie per la costruzione di un percorso di formazione alla didattica dell'intercomprensione.

I due documenti si rivolgono specificamente ai formatori con due diversi obiettivi: i descrittori del primo Quadro (REFIC) riguardano i saperi, i saper fare, le attitudini e le strategie più efficaci che un formatore in intercomprensione si propone di sviluppare negli apprendenti dopo averle lui stesso acquisite preliminarmente. Il secondo Quadro (REFDIC) declina ii saperi, i saper fare, le attitudini e le strategie necessarie a un formatore per promuovere nella sua pratica professionale una didattica dell’intercomprensione.

 

Gli obiettivi specifici del Quadro di Riferimento per le competenze di comunicazione plurilingue in intercomprensione (REFIC) sono quindi i seguenti:

- definire le attitudini, le conoscenze e le capacità in intercomprensione che facilitino la comunicazione plurilingue e interculturale;

- promuovere l'inserimento curriculare dell'intercomprensione e la sua diffusione come pratica pedagogica e comunicativa.

 

Le due risorse pedagogiche sono state concepite per essere consultate in modo semplice e immediato dai formatori. Abbiamo dunque fatto corrispondere ad ogni descrittore alcuni esempi concreti, alcuni suggerimenti pratici e alcuni rimandi a fonti d'informazione facilmente consultabili.

Non si riscontrerà, nei Quadri da noi proposti, né l'esaustività, né il carattere sistematico di altri documenti (come, per esempio, Il Quadro europeo Comune di riferimento per le lingue (CECR) o il Quadro di riferimento per gli approcci plurali - CARAP), ma piuttosto una guida pratica per la programmazione didattica. In modo analogo, la classificazione dei descrittori potrebbe risultare meno rigorosa di quella impiegata nei documenti appena citati. Nel nostro lavoro, abbiamo infatti preferito concretizzare gli atteggiamenti e i saper essere attraverso i descrittori di quei saperi e saper fare che dovrebbero, a nostro avviso, permettere al discente di impegnarsi in un processo di appprendimento in intercomprensione.

 

Una prima lettura del Quadro di Riferimento per le competenze di comunicazione plurilingue in intercomprensione potrebbe lasciar intendere che le competenze e le conoscenze descritte si adattino unicamente a un pubblico di adulti o di studenti liceali, a causa del notevole sforzo di riflessione metalinguistica e metacognitiva che l'intero processo implica. Occorre però ricordare che esistono già numerosi progetti nel quadro degli approcci plurali, e specificamente in intercomprensione, che propongono attività da realizzare unicamente con i bambini. L'approccio alle lingue di tipo éveil aux langues, per esempio, largamente sperimentato in diversi paesi è concepito per sviluppare in allievi molto giovani:

"attitudini d'osservazione e di ragionamento metalinguistico

saper-fare utili per l'apprendimento delle lingue

attitudini d'apertura alla diversità linguistica e culturale

saperi relativi alle lingue e alla loro diversità" (Candelier e De Pietro, 2014: 179).

Nel quadro specifico dell'intercomprensione si possono citare porgetti come Euro-mania e Itinerari romanzi, che si rivolgono specificamente a un pubblico di studenti di età compresa tra gli 8-9 anni e gli 11-13 anni.

Ogni bambino, in effetti, è in grado di riflettere sul proprio repertorio linguistico e di individuare le lingue presenti nel proprio ambiente; è in grado, in altre parole, di riconoscere parole molto simili confrontando la sua lingua materna con altre lingue sconosciute, che non necessariamente saranno ogetto di un apprendimento sistematico: per raggiungere gli obiettivi prefissati, basterà adattare i compiti da svolgere e i contenuti proposti all'età degli apprendenti.

Perché un quadro di riferimento delle competenze in intercomprensione?

Nel 2006, la Divisione delle Politiche Linguistiche del Consiglio d'Europa ha elabotato un documento che ripercorre le principali tappe nell'evoluzione delle politiche linguistiche ed educative all'interno della spazio europeo nel corso dei 50 anni precedenti. Il documento sottolineava il fatto che i firmatari della Convenzione Culturale europea del 1954 s'impegnavano a promuovere la diversità linguistica per l'apprendimento e l'insegnamento delle loro rispettive lingue. A questo primo impegno, seguirono 50 anni di politiche linguistiche del Consiglio d'Europa miranti alla promozione del "plurilinguismo, della diversità linguistica, della comprensione reciproca, della cittadinanza democratica, della coesione sociale" (Consiglio d'Europa, 2006: 4). Una delle tappe fondamentali in questo processo è rappresentata senza alcun dubbio dal lancio ufficiale del Quadro Europeo Comune di Riferimento per le Lingue (CECR), avvenuto nel 2001, in occasione dell'Anno Europeo delle Lingue. La definizione di competenza plurilingue ivi proposta è divenuta un punto di riferimento per tutti gli specialisti di didattica che operano per una educazione alle lingue in una prospettiva plurilingue e interculturale. In particolare, la distinzione tra multilinguismo e plurilinguismo ha imposto un cambiamento di paradigma nell'insegnamento delle lingue:

"Si può arrivare al multilinguismo semplicemente diversificando l'offerta delle lingue in una scuola o in un sistema educativo dati [...]. Andando ben oltre, l'approccio plurilingue mette l'accento sul fatto che, via via che l'esperienza linguistica di un individuo nel suo contesto culturale si estende dalla lingua familiare a quella del gruppo sociale fino a quella di altri gruppi (sia per apprendimento scolastico, sia sul campo), egli/essa non organizza queste lingue e queste culture in compartimenti separati, ma costruisce piuttosto una competenza comunicativa cui contribuiscono tutte le conoscenze e tutte le esperienze delle lingue; in questa compentenza comunicativa le lingue sono in correlazione e interagiscono. In situazioni differenti, un locutore può fare appello con disinvoltura alle differenti parti di questa compentenza per entrare efficacemente in rapporto con un dato interlocutore. Due locutori possono, per esempio, passare da una lingua o da un dialetto all'altro, ciascuno sfruttando le capacità dell'uno e dell'altro per esprimersi in una lingua e comprendersi. Alcuni potrebbero far leva sulla propria conoscenza delle differenti lingue per comprendere un testo scritto o anche orale, in una lingua a priori "sconosciuta" e riconoscendo parole in una veste insolita, ma appartenenti a uno stock internazionale comune" (CECR 2001: 11). Queste riflessioni del CECR, evocano alcuni dei principi della prospettiva intercomprensiva e costituiscono quindi una fonte prestigiosa a sostegno della sua diffusione, sebbene "siano ancora da risolvere e da tradurre in atti tutte le conseguenze di un tale ribaltamento di paradigma" (id.). In questo senso, il Portfolio Europeo delle Lingue (PEL) è stato pensato come uno strumento per permettere ai discenti di riflettere sul proprio repertorio linguistico e culturale acquisito in contesti formali e informali e per dar loro una maggiore visibilità. Parimenti, "il Quadro europeo di riferimento fornisce non soltanto una tabella per la valutazione della compentenza generale in una data lingua, ma anche un'analisi dell''impiego della lingua e delle competenze linguistiche che faciliterà, per gli esperti, la definizione degli obiettivi e la descrizione dei livelli in tutte le attività possibili, in funzione dei vari bisogni, delle caratteristiche e delle risorse dei discenti" (id.). Tuttavia, nonostante le posizioni esposte nel documento, molti specialisti hanno notato l'assenza della nozione di plurilinguismo tra i descrittori (Delouis, 2008). Qualche anno più tardi, nel 2007, questo vuoto è stato colmato dal Quadro di Riferimento per gli Approcci Plurali (CARAP) che ha elaborato descrittori specifici che definiscono i saperi, i saper fare e il saper essere necessari a una comunicazione plurilingue.

Come si situa dunque la nostra riflessione entro il panorama da noi brevemente abbozzato?  Il nostro sforzo è stato quello di concepire descrittori adatti all'acquisizione di compentenze di comunicazione in intercomprensione a partire dal patrimonio di ciò che è stato prodotto nel campo della didattica delle lingue e del plurilinguismo nel corso degli ultimi anni, selezionando in particolare i contenuti che abbiamo ritenuto più pertinenti in una prospettiva intercomprensiva e plurilingue, qual è la nostra. Entro questa prospettiva, quindi, i due Quadri di Riferimento concepiti nella cornice complessiva del progetto Miriadi - il Quadro di riferimento delle competenze di comunicazione plurilingue in intercomprensione (REFIC) e il Quadro di riferimento delle compentenze in didattica dell'intercomprensione (REFDIC) - si rivolgono a tutti i formatori che intendano allargare la propria prospettiva didattica e programmare insegnamenti coerenti con una visione aperta delle discipline.

Gli insegnanti esperti o principianti, di lingue (L1, L2, Lx..., lingue scolastiche, lingue classiche) o di altre discipline (storia, geografia, matematica, scienze) potranno leggere i descrittori del Quadro di riferimento delle compentenze di comunicazione plurilingue in intercomprensione a monte del processo d'insegnamento-apprendimento come l'insieme dei parametri da prendere in considerazione nell'elaborazione del loro programma d'insegnamento. Questo impiego può essere accompagnato da uno sfruttamento, a valle, in cui ciascun descrittore può funzionare come punto di riferimento per la valutazione dei risultati raggiunti da parte dei discenti.

I principi organizzatori

I campi di competenza e gli obiettivi d'apprendimento della didattica intercomprensiva, così come degli altri approcci plurali, si caratterizzano a) per la piena integrazione del carattere globale, non segmentato, eterogeneo della compentenza plurilingue; b) per il riconoscimento del carattere dinamico di tale compentenza che permette di mobilitare e riconfigurare il repetorio dei temi; c) per la valorizzazione di tutte le lingue del repertorio plurilingue che si avvicendano in una circolazione interlinguistica (cf. Coste, 2002).

Coerentemente con i concetti-chiave, i descrittori elaborati si rivolgono verso:

1. le strategie metalinguistiche e metacognitive: esse sono al centro delle ricerche sperimentali in IC, che si propongono di chiarire il funzionamento di una "grammatica della comprensione", cioè delle regole che governano i meccanismi della comprensione. I descrittori si concentrano dunque sulla capacità a) di appoggiarsi sulla o sulle lingue note per accedere ad altre lingue, b) di sfruttare la somiglianza tra le lingue appartenenti a una stessa famiglia (e non), c) di ricorrere al processo d'inferenza, d) di scoprire in modo autonomo il funzionamento dei sistemi linguistici attraverso l'osservazione delle analogie, delle corrispondenze tra grafie e suoni, della trasparenza lessicale. I descrittori si concentrano dunque meno sulle conoscenze o competenze isolate che sulle capacità di metterle in relazione.

2. le attività linguistiche e comunicative: la comprensione scritta in primo luogo, la più accessibile tra le attività comunicative in intercomprensione e la più studiata nel quadro delle ricerche sperimentali. Si tratta di sviluppare strategie di ricezione al fine di cogliere il senso complessivo dei testi, mettendo in azione soprattutto il processo d'inferenza, accettando una comprensione approssimativa all'inizio e sfruttando somiglianze e regolarità tra lingue geneticamente affini. Una comprensione dettagliata è progressivamente sviluppata a partire da questi presupposti metodologici. La comprensione orale e l'interazione (scritta e orale) costituiscono un obiettivo proprio come la produzione, intesa qui anzitutto nel senso d'interproduzione (Balboni, 2009: 197), cioè come la capacità di adattare la propria produzione in prima lingua al destinatario alloglotto, anche nei contesti di comunicazione mediata attraverso una piattaforma informatica (CMO).

3. le conoscenze linguistico-culturali e una sensibilità interculturale. La possibilità di avere contatti con interlocutori di lingue-culture differenti (senza limitarsi alle grandi lingue di comunicazione e d'insegnamento) - ma anche con testi scritti, orali, audio-visuali prodotti nel contesto sociale di diverse comunità linguistiche, permette un'apertura alle differenze linguistiche/culturali, la presa di coscienza del fatto che esistono dei suoni, delle strutture grammaticali, delle regole pragmatiche, dei riferimenti culturali, una suddivisione lessicale e grammaticale della realtà differenti. Questi incontri stimolano nello stesso tempo la condivisione delle esperienze, lo scambio dei saperi e delle conoscenze.

Le dimensioni prese in esame

Le aree di competenza appena descritte operano un cambiamento di paradigma nell'educazione alle lingue che prende avvio da un decondizionamento del discente (e, a fortiori, dell'insegnante) in rapporto ad alcuni dei suoi apprendimenti preliminari in una prospettiva monolingue e alle rappresentazioni che egli può farsi sullo statuto delle lingue e sulla diversità linguistica, sul processo d'apprendimento e i suoi obiettivi, sul valore delle competenze parziali...

Non si troveranno, in questa sede, le tavole grammaticali, le schede lessicali, le liste di atti comunicativi; i campi di competenza evocati, il cui apprendimento va affrontato direttamente, sono declinati attorno a cinque dimensioni: i primi due soprattutto d'ordine procedurale e metalinguistico e le altre tre d'ordine comunicativo:

1. Il soggetto plurilingue e l'apprendimento

2. le lingue e le culture

3.la comprensione dello scritto

4. la comprensione dell'orale

5. l'interazione plurilingue

 Poiché il soggetto in formazione è protagonista del suo stesso apprendimento, la prima sfera da prendere in considerazione (Il soggetto plurilingue e l'apprendimento) è quella che riguarda lo sviluppo del suo repertorio linguistico-culturale, così come delle strategie metacognitive relative alla gestione, all'organizazione e alla valutazione del suo apprendimento. Si tratta dunque in primo luogo di condurre il soggetto a prendere coscienza che talune conoscenze anche parziali, frammetarie, entro lingue anche poco legittimate socialmente (lingue minoritarie, dialetti) a livello di compentenze eterogenee costituiscono un capitale culturale e linguistico non trascurabile. A partire da questa riflessione, il discente potrà anzitutto guardarsi attorno per scoprire e apprezzare le risorse del suo ambiente, mettere in relazione le sue conoscenze, convinzioni, credenze con quelle di altri soggetti ed eventualmente rendersi contode peso di tali fattori nella comunicazione in contesto multilingue.

La seconda dimensione (Le lingue e le culture) affronta la sfera delle conoscenze relative alle lingue e alle culture in una prospettiva plurilingue e interculturale. Non si tratta di formare specialisti di linguistica comparata, ma di mettere a disposizione dei discenti nozioni essenziali riguardanti le lingue parlate nel mondo, i loro statuti, la loro diffusione, la loro evoluzione, le loro relazioni, il loro funzionamento, affinché essi prendano coscienza delle sfide del plurilinguismo. E', questa, una dimensione che ha acquisito una certa importanza nel quadro degli approcci plurali, un campo della didattica delle lingue che ha condotto alla redazione del CARAP. Secondo Candelier e De Pietro «I processi di tipo éveil alle lingue integrano tali oggetti di conoscenza tra i propri obiettivi, formulando precisamente l'ipotesi che le conoscenze possono fondare l'apertura e l'accettazione, e potrebbero inoltre servire da base a una "cultura plurilinguistica" che corrisponda meglio alle realtà linguistiche della nostra epoca" (2014: 186).

Le tre dimensioni relative alle attività linguistiche considerate: Comprensione dello scritto, Comprensione dell'orale e Iinterazione plurilingue (scritta e orale), si sviluppano in due tempi: si sintetizzano anzitutto i descrittori che si riferiscono alle strategie e al saper fare di base, già noti e descritti in didattica delle lingue straniere per le compentenze in ricezione e in interazione, ma completandoli e precisandoli attraverso i descrittori basati sulle capacità specifiche d'approccio intercomprensivo plurlingue.

Così, inzialmente, sono presentati descrittori che riguardano competenze generali, come per esempio "saper anticipare i significati poggiando sul contesto extra-testuale" per facilitare la comprensione, ovvero "saper identificare gli atti conversazionali" per familirizzarsi con la dinamica interattiva. Successivamente, i descrittori più specifici si concentrano, per esempio, sulla "capacità di ricostruire regole di corrispondenza da una lingua all'altra e di operare traferimenti interlinguistici" al fine di comprendere un testo affinando i processi intercomprensivi. La situazione specifica dell'interazione plurilingue esige compentenze comunicative generali ma richiede anche, più in particolare, di disporre, per esempio, d'una "capacità di sollecitare il ricorso ad altre lingue, di sbloccare interruzioni della comunicazione e di adattare la propria comunicazione all'interlocutore alloglotto".

Per quanto riguarda la formulazione dei descrittori propri dell'orale e dello scritto, la scelta effettuata dagli autori  ha privilegiato la chiarezza, talvolta anche al rischio della ripetizione. In effetti, la comprensione dei testi orali e dei testi scritti presenta un gran numero di tratti comuni accanto a specificità proprie. Nel tentativo di rendere i descrittori autonomi gli uni dagli altri, conservando tuttavia legami logici tra di loro, abbiamo deciso di ripetere - ogni volta che l'abbiamo ritenuto necessario - concetti o procedimenti didattici validi per entrambe le varietà (scritta/orale), limitando al massimo i rinvii ad altre parti del testo. Il quadro di riferimento non segue un sistematico ordine di progressione, poiché occorre perseguire numerosi obiettivi in parallelo e la progressione non segue un ordine lineare secondo i soggetti e le lingue in presenza, ma quando è parso opportuno i descrittori si susseguono in un ordine progressivo tracciando un percorso didattico con fasi sequenziali.

L'oggetto della valutazione

Le diverse definizioni dell'intercompensione proposte dagli specialisti del campo (Capucho 2010, Jamet 2010, Jamet-Spita 2010, Ollivier 2013), lasciano tutte trasparire il contesto entro il quale l'approccio ha preso forma ed è stato impiegato: si tratta, in gran parte, di progetti europei con obiettivi specifici per pubblici scelti generalmente in funzione del campo d'intervento dei ricercatori. Le restrizioni contestuali hanno ugualmente influenzato i criteri di valutazione relativi alle competenze da acquisire. In effetti, se gli obiettivi d'una formazione intercomprensiva per professionisti dell'impresa (cf. progetto PREFIC-Citato da Métiers) o della Marina mercantile (Cf. progetto INTERMAR), si concentrano sulle capacità e sulle compentenze pragmatiche, nei contesti scolastici e universitari, i fattori d'ordine cognitivo, metacognitivo ed etico più generali  sono messi più in evidenza. La valutazione delle competenze in intercomprensione s'inscrive dunque anch'essa nella varietà degli approcci. Questa varietà, ben lungi dal rappresentare una frammentazione incoerente, testimonia uno sforzo di contestualizzazione costitutiva di ogni atto pedagogico. Il campo didattico d'ora in poi costituito risente da parte sua della necessità di disporre d'una valutazione istituzionalmente riconosciuta a un livello sovranazionale. Gli oggetti della valutazione così come le modalità scelte dovranno dunque adattarsi ai differenti pubblici, ai loro bisogni specifici e agli obiettivi prefissati, il REFIC propone una base per operare in questo senso.

Dunque, una valutazione istituzionale, necessaria al processo desiderato di perlustrazione dell'intercomprensione, ha bisogno della definizione di criteri identificati e condivisi relativamente ai livelli raggiunti nelle lingue incontrate nel percorso d'apprendimento. I punti di forza dell'approccio intercomprensivo, peraltro, risiedono nello sviluppo delle compentenze trasversali: le capacità cognitive di trasferimento delle conoscenze, il confronto interlinguistico, le comptenze interculturali; così come i crtieri che valorizzano il cambiamento d'attitudine da parte dei "discenti in presenza" rispetto al loro processo d'apprendimento, alle loro lingue e ai loro locutori. Una valutazione certificativa dovrà dunque necessariamente comportare una parte di certificazione delle competenze lingistiche e pragmatiche, ma anche accompagnarsi ad altre modalità di valutazione qualitativa, come i portfolio, i giornali di bordo, l'auto-valutazione e la valutazioni tra pari.

Lo stesso problema dovrà riguardare l'oggetto della valutazione: la competenza in una o più lingue, ivi compresa quella o quelle preliminarmente nota/e e/o oggetto d'un apprendimento mirato, ma anche dei saperi e dei saper-fare trasversali, come, per esempio, quelli esaminati da Lenz e Berthele (2010: 6):

  • «comunicare oralmente nei contesti multilingui, per esempio, partecipare a un dialogo in più lingue; impiegare l'alternanza dei codici e la mescolanza dei codici come strumenti funzionali dal punto di vista della comunicazione e del contesto;
  • attingere da fonti molteplici in differenti lingue al fine di realizzare compiti di produzione o d'interazione in una lingua dominante;
  • sfruttare un profilo di competenze linguistiche diversamente sviluppate in più lingue [...];
  • Fare mediazione tra le lingue, per esempio tradurre e interpretare; spiegare in termini semplici in lingua B il contenuto d'un testo letto in lingua C;
  • Utilizzare ogni tipo di sapere acquisito nel corso dell'apprendimento precedente d'una lingua per comprendere testi nelle lingue della stessa famiglia (intercomprensione, per esempio, tra le lingue romanze, le lingue slave, le lingue germaniche".

Il formatore sceglierà in funzione dei suoi obiettivi e del suo contesto d'intervento i contenuti d'apprendimento da sviluppare e da valutare. Proponiamo una serie di tracce al punto III.4 del REFIC: valutare il percorso di formazione e valorizzare i risultati.

4. La progressione degli apprendimenti

Le ricerche in intercomprensione (Jamet 2010 ; Capucho 2014 ; Campodonio, Janin, Ploquin 2014 per citarne sono alcuni) hanno fatto emergere un funzionamento notevolmente differente rispetto ai progressi mostrati nell’apprendimento di una lingua-bersaglio. I criteri presi in considerazione dagli specialisti riguardano per esempio la complessità implicata nella stessa attività linguistica : l’ascolto presenta senza alcun dubbio maggiori difficoltà che non la comprensione dello scritto, indipendentemmente dai fattori di natura testuale e linguistica : la presenza simultanea di più lingue può risultare una fonte di complessità maggiore secondo il loro numero e la loro diffusione, sebbene questo potrebbbe costituire sia una maggiore difficoltà da affrontare sia una risorsa da sfruttare per la circolazione interlinguistica cui si dà luogo. La scelta operata all’interno del presente Quadro di riferimento, per esaminare una possibile  progressione, si basa sul presupposto pedagogico fondamentale secondo il quale in ogni apprendimento l’accesso ai nuovi saperi è possibile unicamente a partire dalle conoscenze e dalle compentenze già possedute dal soggetto discente. Ora, quando ci troviamo di fronte a una lingua sconosciuta cerchiamo spontaneamente di ritrovare elementi riconoscibili per confronto e per analogia con la nostra prima lingua e con tutte le altre lingue note, poggiando così su tutto quanto già conosciamo, sul funzionamento della comunicazione, sull’organizzazione dei sistemi linguistici, sulle dinamiche relazionali e infine sulle nostre conoscenze enciclopediche.

Nel corso di tale processo certi elementi saranno per noi più « trasparenti »  di altri, cioè riconoscibili in modo spontaneo, grazie a un’inferenza più immediata. La nozione di trasparenza è in effetti al centro dei processi intercomprensivi, in particolare per quanto concerne il lessico ; questo, per varie ragioni. In primo luogo, le parole costituiscono il primo accesso alla lingua in fase dicomprensione e in poduzione ; ciò è confermato anche dalle ricerche sull’acquisizione linguistica d’una lingua seconda (RAL) in contesti di spontaneità : l’analisi dell’interlingua di questi discenti mostra che la prima strategia d’accesso alla nuova lingua si organizza attorno a parole-chiave (key-word strategy) ; il lessico è la prima risorsa veramente linguistica alla quale il discente si rivolge, essendo le altre soprattutto di natura pragmatica, gestuale, prosodica o relazionale. in effetti, pur avendo una conoscenza molto debole della morfologia si potrà comprendere approssimativamente di cosa l'interlocutore stia parlando se si comprende (o si divina) il senso della radice delle parole che egli utilizza, se si individua il loro campo lessicale e tematico.

Anche in intercomprensione​ è proprio sul lessico che il discente fa leva per comprendere i testi in lingue a lui sconosciute, è dunque sulla trasparenza tra le parole delle varie lingue coinvolte che si lavora per imparare a ridurre le opacità.

Ma cos'è una parola trasparente? Se è vero che occorre tener conto dei fattori soggettivi poiché, come ricorda Dabène, "la prossimità non costituisce una facilitazione per l'apprendimento se non è percepita come tale dal soggetto" (1996: 397), è ugualmente possibile definire livelli di trasparenza e di opacità più o meno importanti su basi più oggettive.

Il primo elemento con cui il discente entra in contatto è la forma delle parole, come ricorda Bogaards: "ciò con cui i discenti si devono dunque confrontare inizialmente, non sono i significati, ma le forme, forme che non sono, in un primo tempo, che sequenze di lettere o di suoni" (Bogaards 1994: 166). Tanto più queste sequenze somigliano a parole note, quanto più sarà facile formulare ipotesi sul loro significato. Se a questa prossimità formale corrisponde una prossimità semantica (cioè, se la paola possiede un significato molto vicino al significato di una parola molto simile anche sul piano formale), si potrà parlare di trasparenza formale e semantica. Il rapporto trasparenza opacità è dunque interpretato come un continuum con cui il discente può misurarsi a differenti livelli d'accessibilità (tra questi, i temibili falsi amici - là dove a una forte corrispondenza formale si oppone una totale non corrispondenza semantica - non sono che una delle eventualità possibili e non la più frequente).

In una didattica intercomprensiva, le parole - o qualunque altro elemento linguistico - percepite dal discente come trasparenti costituiscono dunque il punto di partenza di ogni apprendimento ulteriore. Si tratta di sfruttare anzitutto la capacità spontanena di ogni locutore/discente di costruire il significato dei testi sulla base delle analogie tra la/le lingua/e nota/e e poi di guidarlo progressivamente a operare gli aggiustamenti necessari per scoprire le corrispondenze meno evidenti. Altri elementi non trasparenti ma necessari alla comunicazione saranno peraltro appresi contestualmente nel corso delle attività di lettura o d'ascolto grazie all'apparato didattico che si è costruito attorno a tale approccio (grammatiche di lettura, tavole comparative, traduzioni puntuali, ecc.). I riferimenti a questi strumenti di riduzione delle opacità sono forniti nelle spiegazioni dei descrittori. Un apprendimento intercomprensivo non si limita dunque ad accettare le ipotesi spontanee dei discenti, i quali si fermano a una comprensione approssimativa, ma rappresenta una via d'accesso alle lingue che si costruisce attorno all'attività cognitiva e metacognitiva dei discenti, per costruire in modo collaborativo una comprensione accettabile ed acquisire elementi che permettano loro di procedere nei propri apprendimenti ulteriori in modo autonomo per arrivare a una comprensione più soddisfacente e a un'interazione plurilingue sempre più efficace.

E' alla luce di queste considerazioni che si può capire come un progresso in intercomprensione interpreti il rapporto semplice-complesso in un modo del tutto particolare, poiché esso si sovrappone al continuum opacità-trasparenza. I testi specialistici o i registri più sostenuti, per esempio, generalmente considerati come complessi, possono rivelarsi più accessibili ai discenti romanofoni che conoscono quel dato campo specialistico, poiché il lessico impiegato, d'origine greca o latina, è condiviso da tutte le lingue romanze con poche modificazioni; a questo si aggiunga che il genere testuale in uso e le problematiche in corso nelle discipline tendono a somigliarsi in una comunità internazionale di specialisti di una materia. Dunque, se normalmente in un corso di lingue si insegnano all'inizio le parole più frequenti nella comunicazione di tutti i giorni e le parole disponibili nella lingua bersaglio, in intercomprensione l'insegnante può scegliere di cominciare da testi contenenti parole meno frequenti nel quotidiano, ma potenzialmente più trasparenti per i discenti. In tale prospettiva, i livelli elaborati dagli autori del Quadro Europeo Comune di Riferimento per le lingue (CECR) possono rivelarsi poco operativi. Come nota Capucho (2014: 367), per esempio, "i descrittori di ricezione (scritta o orale) del CECR non sono adatti alle funzioni dell'IC. Se il progresso in ricezione, così come è considerato nel CECR, va dal semplice al complesso, dal livello della parola o della frase al livello testuale, in IC è ben possibile comprendere il senso globale d'un testo complesso (soprattutto d'un testo specialistico nello stesso settore noto ai discenti) senza afferrarne i particolari; è anche possibile che non si comprenda un messaggio semplice, se esso non è inquadrato in un apparato iconico o situazionale".

In una didattica dell'intercomprensione il discente sarà dunque condotto a ricercare dapprima le trasparenze formali sulla base delle quali attivare processi d'inferenza, sfruttando sia le indicazioni contestuali sia le sua conoscenze enciclopediche. Il procedimento semasiologico (dalla forma al significato) e il procedimento onomasiologico (dal significato alla forma) sono così integrati in un costante andirivieni tra comprensione globale e analisi degli items lessicali riconosciuti.

Tre livelli di progressione

Nel nostro approccio intercomprensivo abbiamo considerato tre settori all'interno dei quali seguire un avanzamento su tre livelli (si veda la tabella qui sotto). Il primo settore riguarda il soggetto discente e il grado crescente della sua autonomia nel processo d'apprendimento. Si tratta in particolare di valorizzare l'evoluzione delle sue attitudini rispetto alla sua posizione di discente, alle sue rappresentazioni riguardanti le modalità d'apprendimento in un'ottica intercomprensiva, la sua capacità di riflessione e d'autovalutazione, così come la sua sensibilità interculturale. Dal punto di vista delle capacità cognitive si noteranno soprattutto i progressi nel traferimento delle conoscenze e il confronto interlinguistico.

Il secondo settore si rivolge al'acquisizione delle compentenze testuali, in particolare ai tipi e ai generi di testo e al loro funzionamento discorsivo. Il terzo, infine, si concentra sui saperi e sul saper fare più specificamente linguistici: sintassi, lessico, morfologia. Per questi settori, l'avanzamento segue un percorso - inizialmente guidato dall'insegnante, poi via via più autonomo - che va dal più trasparente al meno trasparente, da una comprensione più spontanea (grazie alla scelta tematica dell'insegnante) a una comprensione più controllata che fa appello all'acquisizione progressiva di conoscenze linguistiche e strategiche. Allo stesso modo, per l'interazione, si tratta inizialmente di saper osservare come si dispiega una dinamica interattiva per comprenderne il funzionamento e in seguito di acquisire progressivamente quelle competenze che permettano di partecipare a un'interazione plurilingue in modo efficace. Teniamo a precisare che i contenuti d'apprendimento proposti in ciascun settore rappresentano più un insieme di esempi per suggerire il tipo di sapere e di saper fare considerato che non un vero programma.

Ciascuno dei tre domini si sviluppa su tre livelli di progressione: I. Sensibilizzazione, II. Esercitazione, III. Perfezionamento. All'interno di ciascun livello sarà possibile considerare differenti gradi, secondo le condizioni contestuali e gli obiettivi dell'azione di formazione. Dunque, a un primo livello, è possibile sensibilizzare il pubblico riguardo al suo stesso repertorio linguistico e culturale, o fargli scoprire in pratica le potenzialità offerte dalla prossimità linguistica per la comprensione di testi in lingue affini ma mai studiate. Questi obiettivi puntuali possono essere proposti e raggiunti nel corso di una giornata introduttiva all'intercomprensione per ogni tipo di pubblico.

I livelli II e III esigono evidentemente di disporre di risorse di tempo e della realizzazione di dispositivi educativi più ampi e strutturati. Ad ogni modo, si tratterà di procedere progressivamente, coniugando impegno e attenzione, moltiplicando le occasioni di diffusione d'un nuovo modo di concepire l'educazione alle lingue.

Il livello III potrà esser posto in corrispondenza d'un livello B2 del CECR in ricezione, poiché oltre tale livello le comptenze possedute dal discente/locutore si collocano immediatamente in un uso pratico di queste competenze per i propri obiettivi socio-professionali, o in un processo di perfezionamento d'una o più lingue bersaglio a sua scelta, che dipende da una pratica comune a tutte le ricezione dei testi, in lingua materna o in lingue sempre meno straniere. I processi e le strategie acquisite nel quadro dell'intercomprensione non cesseranno tuttavia di costituire per il discente un appoggio per avanzare nei suoi apprendimenti linguistici e comunicativi ulteriori.

Le indicazioni di livello sono state puntualmente indicate nelle esplicitazioni dei descrittori; ma ecco, in uno sguardo d'insieme, alcuni elementi di descrizione dei livelli evocati (ugualmente visibili in una tabella).

Un interminabile work in progress

Un'ultima parola sulla storia dei Quadri di riferimento e sul loro avvenire. I due testi - il quadro di riferimento delle competenze di comunicazone in intercomprensione (REFIC) e il Quadro di riferimento delle competenze in didattica dell'intercomprensione (REFDIC) - sono il frutto di un lavoro di collaborazione, conodotto in tre anni nel corso del progetto MIRIADI: le discussioni, i confronti, le riletture, le proposte di testi si sono succedute tra i membri del gruppo di lavoro incaricato dell'elaborazione, in presenza e a distanza. Inoltre, nel corso del progetto, altre équipes e altri collaboratori hanno impiegato il Quadro di riferimento in vari contesti d'insegnamento e di formazione; le  loro considerazioni hanno costituito a loro volta un'occasione di riflessione e un motivo per nuovi cambiamenti. Stimolati da tale dinamica, abbiamo costantemente modificato i testi e li abbiamo aggiornati sulla piattaforma che costituiva lo spazio di lavoro del progetto. Questo processo non è terminato, né è concepito per essere terminato. In effetti, è un vero laboratorio in evoluzione continua che abbiamo avuto la volontà di realizzare. Via via che i quadri di riferimento saranno ulteriormente analizzati, commentati, sperimentati dagli utilizzatori, potranno essere migliorati e arricchiti grazie alla flessibilità del supporto digitale. Le versioni attuali dei due Quadri di riferimento si trovano attualmente al seguente indirizzo:http://www.miriadi.net/deux-referentiels/p>

1) Questa parte introduttiva all'impiego del Quadro di riferimento delle competenze di comunicazione plurlingue in intercomprensione (REFIC) è stata redatta da Maddalena De Carlo e riprende in parte il testo “Évaluer en Intercompréhension ou oser le paradigme plurilingue” de Encarni Carrasco et Maddalena De Carlo en voie de publication dans Bonvino E. & Jamet M. (coord.) Intercomprensione, multilinguismo ricettivo, ibridazione: aspetti linguistici, cognitivi e didattici, Ed. EL.LE, Ca’ Foscari, Venezia. Grazie a Mathilde Anquetil per la sua attenta lettura e per i suoi puntuali suggerimenti.

2) Elaborato dai partecipanti al gruppo di lavoro 4 nel quadro del programma europeo MIRIADI () : Maddalena De Carlo dell’Università di Cassino coordinatrice del gruppo, Mathilde Anquetil e Silvia Vecchi dell’Università di Macerata, Marie-Christine Jamet dell’Universitàà di Venezia (Italia), Eric Martin dell’Università Autonoma di Barcellona, Encarni Carasco Perea dell’Università di Barcellona, Raquel Hidalgo dell’Università di Madrid (Spagna), Yasmin Pishva et Fabrice Gilles dell’Università di Grenoble (Francia), Ana Isabel Andrade dell’Università di Aveiro (Porotgallo).

3) Pur potendo essere usato da adulti in autoformazione, già iniziati all'intercomprensione, questo quadro di rifeirmento non costituisce uno sctrumento di autovalutazione del tipo portfolio indirizzato ai discenti in contesto istituizionale.

4) Nel quadro di riferimento il termine "formatore" è impiegato per indicare l'insegnante e il formatore dei formatori (del resto, le stesse persne svolgono spesso entrambe le funzioni), i descrittori potranno infatti essere applicati a tutti i tipi di pubblico in formazione).

5) Si vedano per esempio i siti dei progetti Evlang, Ja-ling, Elodil, o i metodi d'insegnamento svizzeri EOLE.

6) Per esempio in Gran Bretagna dove essa s'impose negli anni 80 come language awarness, successivamente in Francia, Austria, Spagna, Canada, Italia.

7) In particolare Euro-mania (ww.euro-mania.eu) propone manuali d'apprendimento per i bambini di 8-11 anni che integrano attività multilingue in intercomprensione tra lingue appartenenti all'insegnamento di una materia scolastica in lingue straniere (metodologia CLIL). Una vasta sperimentazione di questi manuali è stata realizzata dal 2013 in Catalogna nel quadro di un progetto di educazione al plurilinguismo dell'amministrazione regionale.

8) Consultabile su :http://www.unilat.org/DPEL/Intercomprehension/Itineraires_romans/fr/p>

9) L’educazione plurilingue in Europa. 50 anni di cooperazione internazionale. Consultabile su

10) L’educazione plurilingue in Europa. 50 anni di cooperazione internazionale. Consultabile su

11) Delouis, A. 2008. “Il quadro europeo comune di riferimento per le lingue: resoconto del dibattito critico in area germanofona" Les langues modernes, 2008,19-31.

12) L’acquisizione di strategie di comprensione e di competenze metalinguistiche si rivela in effetti centrale anche per la comprensione di contenuti disciplinari.

 13) Sul dibattito teorico riguardante il termine metalinguistica, si veda Jean-Émile Gombert, « Activités métalinguistiques et acquisition d'une langue », Acquisition et interaction en langue étrangère [En ligne], 8 | 1996, postato online il 05 décembre 2011, consultato il 27 septembre 2015. URL : .

14) Cfr. nota 19.

15) Ci siamo qui concentrati sulle lingue romanze, tutti gli esempi proposti si riferiscono dunque a questa famiglia di lingue, ma gli stessi principi possono essere estesi ad altre famiglie.

16) Esistono in effetti progetti d'intercomprensione riguardanti lingue che non appartengono alle stesse famiglie (per esempio: ILTE ; EU+Ihttp://www.eu-intercomprehension.eu/)./p>

17) Vista la difficoltà a definire la nozione di lingua materna, le preferiremo qui questo termine più "neutro" per indicare la lingua meglio acquisita e la più usata dal locutore nella comunicazione sociale.

18) Corsivo nostro.

19)  In particolare, tutti gli specialisti concordano sul fatto che le parole possono essere definite come affini sulla base delle loro "trame consonantiche", cioè se esse contengono le stesse consonanti che si ritrovano nello stesso ordine.

20) Cfr. nota 4.

21) Si tratta di quelle parole che, pur non essendo molto frequenti, sono tuttavia necessarie alla comunicazione corrente, poiché indispensabili all'interno di un dominio lessicale, come per esempio le parole come forchetta, se si parla di un pasto, o benzina, se si parla di automobili...

22) Ci riferiamo qui alla definizione di Christian Bégin proposta nel suo articolo: « Les stratégies d’apprentissage : un cadre de référence simplifié » in Revue des sciences de l'éducation, vol. 34, n° 1, 2008, p. 47-67. Consultabile sr .